Teatro

Il trionfo di Peter Gabriel

Il trionfo di Peter Gabriel

Nessuna scenografia spaziale come quella utilizzate in altre occasioni e che i suoi estimatori hanno mostrato di apprezzare. Peter Gabriel, al teatro Antico di Taormina, si è adattato all'ambiente ed ha rispettato uno dei palcoscenici classici più famosi del mondo, scegliendo una scenografia fatta solo di fasci di luce. L'ex Genesis ha scelto di presentarsi al pubblico siciliano in maniera classica ed ha cominciato il suo concerto con «Red rain». Ad applaudirlo quasi 5000 persone, un pubblico composto in maggior parte di trentenni che avevano preso d'assalto Taormina sin dalle prime ore del pomeriggio. Per far fronte alla forte richiesta, il comune ha scelto di porre la città sotto particolare controllo. Il centro storico è stato blindato. I vigili urbani hanno impedito l'accesso a tutte le auto. Una soluzione che sarà ripetuta ancora altre volte nel corso della lunga estate di Taormina caratterizzata da una lunga serie di eventi. E' dal 1967 che Gabriel, è in primo piano nel mondo dello spettacolo, prima come componente dei Genesis e poi, a partire dal 1977, come solista. Nella sua trentennale carriera si è imposto una sua precisa filosofia di vita: «il mio futuro nella musica, se ce ne sarà uno, sarà nel maggior numero di situazioni possibile». Ha rispettato l'impegno imponendosi sulla scena musicale come artista autenticamente innovativo, che rifugge dalle banalità e dai modelli convenzionali. La performance taorminese di Peter Gabriel ha concluso una tre giorni di proposte artistiche realizzate nell'ambito del Womad, il festival del quale è fondatore e animatore, che ogni anno si tiene in dieci Paesi e che da sette anni fa tappa in Sicilia. «E' un festival - ha detto Gabriel - che cresce dalle diversità e che fiorisce sulle nostre diversità». E poi ha aggiunto: «Quando ti trovi con persone delle quali non capisci la lingua e che provengono da un Paese nel quale non sei mai stato e trovi un modo per creare ed avere, la musica insieme con loro, è qualcosa di fantastico». I risultati dell'appuntamento taorminese del Womad hanno dato ragione a Gabriel: la risposta del pubblico è stata entusiasta. Un successo che si è ripetuto ieri sera quando l'ex Genesis si è esibito insieme ad una band di otto musicisti. Applausi protratti ed anche a scena aperta. Insomma un altro successo per Peter Gabriel e un vero evento per Taormina ed il suo festival. «Le immagini delle torture che sono arrivate dal mio paese e dagli Usa dimostrano come sia facile trattare gli altri come un oggetto di odio e di ridicolo». Peter Gabriel sta studiando l'italiano e per il concerto con cui ieri sera a Taormina ha chiuso il Festival Womad ha parlato spesso al pubblico: questa frase, una delle più toccanti, è servita come introduzione di Signal to noise, il pezzo che ha chiuso la prima parte del suo show bello, intenso, commovente, uno spettacolo dove la tecnologia e la musica sono come sempre al servizio delle idee e della civiltà. Gabriel è uno degli artisti simbolo della lotta contro la violenza, il razzismo e anche stasera non ha dimenticato, pur in un clima di festa, le cose brutte e sbagliate del mondo. Attorno a lui una band formidabile con Tony Levin, uno dei bassisti più spettacolari e originali della scena mondiale ormai sempre più simile a un personaggio di 'Blade runner', David Rhodes, suo fedele chitarrista, Rachel Z, talentuosa pianista di jazz, lo spettacolare batterista Jeff Lynch, Richard Evans e sua figlia Melanie, corista ancora acerba ma coccolata sul palco con la giusta tenerezza di un padre. Quello di Gabriel è un concerto ma anche uno spettacolo: l'ex Genesis è sempre stato all'avanguardia nella scelta di componenti spettacolari tecnologiche: questa sera ad esempio ha sfoggiato una giacca ornata di fari e ha utilizzato insieme alla figlia uno strano carrello elettrico, «uno strumento per far ballare un uomo vecchio» come ha detto con autoironia. La scaletta comprendeva buona parte dei pezzi che hanno fatto di lui un mito: 'Voice again', il pezzo d'apertura, 'Red Rain', 'Secret Word', 'Games with no frontiers', 'San Jacinto', 'Salsbury kill', 'Sledgehammer'. Non poteva mancare 'Biko', il pezzo dedicato al leader sudafricano vittima della violenza dell'apartheid che è da sempre uno dei momenti di celebrazione collettiva dei concerti di questo artista inglese che riesce a dare un volto umano alla tecnologia e un significato sempre nuovo al rock: il ritmo della batteria e il coro immancabile del pubblico suonano come una rassicurante conferma del valore di personaggi come Gabriel, sempre attenti a non confondere la celebrità con il divismo e soprattutto a non perdere di vista il senso vero dell'esistenza e della convivenza. La varietà delle influenze del suo repertorio, la disinvoltura con cui maneggia i materiali utilizzati fanno di lui un punto di riferimento non solo per i fan del rock ma per chi è convinto dell'esistenza di una forma diversa di cultura da quella ufficiale o da quelle dettate dal mercato. In questo modo in mezzo a testi visionari si ascoltano storie legate alla tradizione degli Indiani d'America o a teorie fisiche nella dimostrazione di come il rock sia un linguaggio capace non solo di legare insieme diverse generazioni ma soprattutto di rappresentare una diversa visione del mondo. Non capita spesso di ascoltare un personaggio così famoso impegnato a parlare nella lingua del paese che lo ospita: l'ennesima dimostrazione di civiltà di questo tecnologico ma commovente maestro di cerimonie.